L'opera è stata prodotta e acquisita grazie a Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere | Sezione Over 35 (MAECI-DGSP/MiC-DGCC,2020)
Partendo da un pensiero di matrice pittorica profondamente attento all’indagine delle superfici e allo studio dei processi di traduzione ed elaborazione manuale e digitale, la ricerca di Sara Enrico (Biella, 1979) si concentra su quella che si potrebbe definire “instabilità dimensionale della pittura.”
Fin dalle prime serie di lavori che risalgono al 2010 e 2011, l’artista tratta infatti il colore come elemento da manipolare e la tela come materia viva e aperta alla tridimensionalità dello spazio circostante. Pieghe, pressioni, trame, posture antropomorfe, sfasature del rivestimento, lievi cedimenti della forma e accenni ad ipotetiche coreografie: le sue opere, nel tempo, sembrano ragionare sempre di più attorno all’idea di “esercizio espanso” e di “gestualità agita”, aprendosi a relazioni con la scultura e la sartoria, e interpretando la realtà attraverso l’esperienza della “prossimità tattile.”
È nel rapporto tra corpo, abito e spazio, e nella sperimentazione con materiali tessili e industriali, che l’artista registra e rielabora forme, qualità epidermiche, sensazioni cromatiche. I luoghi in cui le osserva sono gli ambienti a lei più prossimi come cantieri, laboratori, studi, o per strada. Il suo non è mai un rigido fare processuale. “Mi colpisce molto la dimensione nella quale un’attività frenetica di lavoro si preoccupa anche della propria dimensione estetica”, afferma Enrico parlando di un cantiere vicino al suo vecchio studio.
Questa spinta costante dello sguardo e questa curiosità verso la contaminazione con altri settori di ricerca e di produzione è alla base di un ciclo di lavori attualmente in corso e al quale appartiene RGB (skin), 2021. Composta da due elementi della stessa dimensione, l’opera è rivestita da un tessuto in poliestere stampato a sublimazione, un sistema che prevede il trasferimento di inchiostri termosensibili che a contatto con il caldo rilasciano colore sulla superficie interessata. Nata per il mercato delle bandiere e dei banner commerciali, questa tecnica di stampa ha trovato largo impiego nel settore tessile e della moda.
Le sagome, realizzate in gommapiuma, hanno una geometria di partenza potenzialmente funzionale: prive di lettura univoca che identifica un fronte e un retro, esse riecheggiano delle forme che l’artista osservaall’interno di contesti industriali, e nel contempo mostrano un lato inedito, ambiguo.
La texture è il risultato di un processo di manipolazione di un frammento di tela da pittura completamente grezza che viene lavorata direttamente sul piano dello scanner mentre la luce è ancora in movimento, e successivamente rielaborata digitalmente attraverso programmi di fotoritocco per immagini. In questo passaggio, o meglio “trasferimento”, l’artista riconosce la possibilità di tradurre, nell’utilizzo dello scanner e nella fisicità di una scultura, la propria intenzione gestuale e coreografica. Si apre un orizzonte visivo di codici che trascrivono la memoria tattile del supporto pittorico.
Ricordando il profilo di un cartamodello, il tessuto stampato evoca l’associazione della superficie pittorica all’idea di seconda pelle, di rivestimento, di abito. Il pattern si rivela all’occhio dell’osservatore come un magma tattile dalle cromie sensibili, generative, cangianti. Lavorando su minime variazioni, la stampa segue un approccio che è animato da uno sguardo che recupera certe sperimentazioni della musica elettronica dove il volume sonoro è trattato al pari della materia viva e dove “le lavorazioni del suono come sorgente fisica agiscono su varianti come la deformazione, l’allungamento, la riduzione, la stratificazione”, afferma l’artista.