Teodosio Magnoni ha saputo trasformare un’ossessione creativa per il concetto di spazio in opera d’arte, grazie a una geometria e poeticità proprie. Scrive Noël Arnaud “Io sono lo spazio. Dove io sono”, e il verso viene ripreso da Magnoni in alcuni lavori, come a disvelare la viva trama spaziale e l’identificazione dell’artista con essa.
Piramide interrotta, che fa parte della collezione del Premio Termoli grazie all’amicizia fra l’artista e Achille Pace, che diede un apporto basilare per la creazione e le varie edizioni del Premio Termoli rappresenta perfettamente la sua idea di fare arte: Magnoni lavora sulla linea, variabile in lunghezza e in spessore. Linee e angoli, interrotti, spezzati o continui, generano tra loro piani con profondità elusive subito percepiti come presenze vuote dalle caratteristiche distinte e relazionali. Lo scultore toglie materia per arrivare all’opera. Tale materia però, in Magnoni è immateriale, ossia non riferibile direttamente a una sostanza naturale, ma consiste nell’eliminazione di ogni riferimento rappresentativo o narrativo che viene dall’esterno a contaminare il corpo dell’opera. Magnoni ‘sveste’ l’oggetto scultoreo in modo tale da arrivare alla sua essenza, che così non si trova più chiusa in un involucro. L’autore non adopera mai la curva (soltanto come parte della forma del cerchio, abbandonandola presto): essa è per lui già sintesi di una rappresentazione. Diversi sono la retta e l’angolo che si può creare tra due rette. Una retta è rappresentazione di sé stessa, è una forma esistente e libera da riferimenti, definita in sé.
Teodosio Magnoni nasce a Offanengo (Cremona) nel 1934. Frequenta il corso di pittura presso l’Accademia di Carrara di Bergamo e in seguito la Scuola di mosaico di Ravenna. Nel 1959, dopo lunghi soggiorni in Svizzera, Spagna e Svezia, si stabilisce a Roma, dove frequenta intensamente le avanguardie artistiche, letterarie e musicali. Agli inizi degli anni Sessanta attua una ricerca sullo spazio, assolutamente originale, dove il punto centrale non è dato dall’occupazione dello spazio, ma dallo svuotamento.
È in questa fase della sua ricerca che avviene il passaggio dalla pittura alla scultura. Le forme delle opere di Teodoro Magnoni si fanno via via più geometriche, anche se l’artista le forza fino a far perdere loro le caratteristiche originarie e convenzionali. Dagli inizi degli anni Settanta si impegna nell’elaborazione teorica e nella realizzazione empirica del concetto heideggeriano di trasformazione dello spazio in luogo e della scultura come luogo in sé, accanto ad un’intensa riflessione sul vuoto significante, elaborazione teorica e fattuale che caratterizza la sua produzione con continuità fino a questi ultimi anni. Alla metà degli anni Ottanta i luoghi immagine si fanno più complessi, andando ad abbracciare tematiche “naturalistiche”.
L’attività espositiva di Magnoni inizia nel 1954 con la partecipazione al Premio Dalmine. La prima mostra personale è del 1965 alla galleria La Salita di Roma. Ha allestito oltre cinquanta mostre personali in Italia e all’estero, ha partecipato a mostre storiche e di tendenza. Si segnalano le Biennali di Venezia del 1976 e 1978, l’installazione e la mostra al Karl Ernst Osthaus Museum di Hagen (Germania) nel 1978, le mostre antologiche al Palazzo dei Consoli di Gubbio nel 1987, al Palazzo del Comune e nella città di Venzone (Udine) nel 1992, alla Rocca di Umbertide, Centro per l’arte contemporanea, Umbertide (Perugia) nel 1996, alla Galleria Comunale d’arte di Cesena nel 2001.
Ha realizzato sculture di grandi dimensioni in luoghi pubblici e privati. Segnaliamo: Spirale aperta, Velletri, 1992; Colonna trasparente, Palazzo della FAO, Roma, 1993; Ali, Museo d’arte contemporanea di Maglione, Torino, 1999; Torre dei colori che cambiano, Aeroporto Leonardo da Vinci, Fiumicino, 2002; Ara, Brufa, Perugia, 2007.
Dal 1985 vive e lavora a Sutri. È membro dell’Accademia Nazionale di San Luca dal 2009.