Questa mostra invita a riflettere sulla storia recente dell’arte italiana come il prodotto di una fitta rete di scambi interculturali su scala globale. Tradizionalmente, lo studio della dimensione transnazionale dei movimenti artistici sorti in Italia nel XX secolo ha enfatizzato traiettorie comparative con tendenze coeve in Europa e negli Stati Uniti. Questa mostra ipotizza un cambio di rotta e apre le vicende dell’arte italiana del dopoguerra al dialogo con esperienze radicate in altre geografie.
La mostra riunisce le opere di nove artisti e artiste nate in Asia o nell’America del Sud: Betty Danon, Antonio Dias, Jorge Eduardo Eielson, Hsiao Chin, Tomás Maldonado, Roberto Sebastián Matta, Carmengloria Morales, Hidetoshi Nagasawa, e Joaquín Roca-Rey. Nelle decadi del secondo dopoguerra, tutte queste figure hanno trascorso soggiorni più o meno lunghi in Italia e, in alcuni casi, vi ci sono definitivamente trasferite. Affiliate a importanti movimenti quali l’Arte Concreta, l’Arte Povera, il Femminismo, le Nuove Tendenze, la Pittura Analitica, e il Design Radicale, raramente sono state riconosciute per i contributi che vi hanno apportato. Armate di prossimità o distanza critica, le loro opere hanno scosso i fondamenti teorici dell’arte moderna e contemporanea italiana rivelandone l’impostazione eurocentrica.
Il titolo della mostra evoca una dimensione sotterranea, con riferimento diretto alla posizione marginale in cui molte di questi artisti e artiste sono stati relegati dalle politiche culturali del sistema dell’arte italiano. Tuttavia, la mostra considera la “sotteraneità” come una condizione che può essere riappropriata come stimolo e motore della creazione artistica, un indice delle peculiari esperienze storico-biografiche e geo-politiche degli artisti e artiste invitati. Nelle loro ricerche, le topografie concrete e immaginarie dell’arte italiana improvvisamente si espandono e stratificano, arrivando a includere terre a sud dell’equatore; si intrecciano alle politiche culturali del Terzomondismo e dei movimenti di decolonizzazione; investono riflessioni sulla condizione di subalternità, sulla storia del colonialismo, e sulla struttura coloniale del potere; abbracciano preoccupazioni politiche, estetiche e spirituali spesso estranee alle conversazioni dominanti nella società italiana dell’epoca.
La mostra esorta i visitatori a riconoscere come forme che appartengono al vocabolario dell’arte moderna e contemporanea occidentale assumono significati diversi quando sono appropriate e rielaborate da artisti non-occidentali. Anche laddove siano nate in conversazione con la tradizione artistica europea, le opere esposte hanno radici profonde che penetrano nelle culture visive delle periferie del mondo globalizzato.