
Mostra "Scollamenti" ottobre 2025
Mario Schifano nasce nel 1934 a Homs, in Libia, allora colonia italiana. Si trasferisce a Roma con la famiglia nel 1941. Il padre, archeologo e responsabile degli scavi di Leptis Magna, lo introduce sin da giovane al mondo dell’arte. Nel 1959, Schifano presenta la sua prima personale, con opere vicine all’arte informale, un movimento artistico che si caratterizza per l’espressione spontanea del gesto e del segno.
Fondamentale per la sua evoluzione artistica è l’incontro con l’ambiente di Piazza del Popolo, frequentato da artisti come Mimmo Rotella, Tano Festa, Giosetta Fioroni e Franco Angeli. Abbandona l’informale per dedicarsi ai grandimonocromi: tele con un solo colore, definite “schermi”, sulle quali erano presenti numeri, lettere, loghi e marchi commerciali. Queste sono le prime opere che risentono dell’influenza della Pop Art.
Nel 1962 si reca a New York, dove entra in contatto con la Factory di Andy Warhol e conosce altri artisti pop come Roy Lichtenstein. Con Warhol condivide l’interesse per le immagini pubblicitarie ma, a differenza dell’artista americano, Schifano non ne condivide l’esaltazione al consumismo: la sua è una riflessione critica e ironica verso la società delle immagini.
Torna in Italia dove, nel 1964 presenta alla Biennale di Venezia i celebri Paesaggi anemici, tele caratterizzate da stesure veloci e segni essenziali che evocano panorami ridotti a semplici colori. A questa serie appartiene Paesaggio particolare (1963): su un collage di carte intelate, vediamo pochi colori essenziali, stesi a zone, che richiamano l’idea di paesaggio ma, al contempo, lo appiattiscono, rendendolo irreale. Saranno questi lavori a influenzare la nascita delle opere Paesaggi TV, realizzate tra la fine dei Sessanta e i Settanta. Schifano trasferisce singoli fotogrammi televisivi direttamente sulla tela, rielaborandoli con colori brillanti; in questo modo, l’artista utilizza la televisione come un pretesto per riflettere sul bombardamento visivo della società delle immagini.
Gli anni Ottanta segnano per Schifano una rinascita personale e artistica. Torna alla pittura realizzando cicli di opere di grande formato caratterizzate da colori accesi e immagini solari e mediterranee. In questo modo, l’artista riporta al centro la pittura figurativa, senza rinunciare a un linguaggio immediato e vitale.
Negli anni Novanta continua le sperimentazioni con i nuovi strumenti tecnologici, anticipando l’uso del digitale nell’arte.
Muore a Roma nel 1998 per un infarto, complici anche gli eccessi che hanno caratterizzato la vita di uno degli “artisti maledetti” più importanti del panorama italiano del Novecento: Schifano, attraverso un linguaggio semplice e ironico, ha saputo cogliere, prima di molti altri, la potenza e l’ambiguità delle immagini che caratterizzano la nostra epoca.