Getulio Alviani nasce a Udine nel 1939. Fin da giovanissimo mostra interesse per il disegno tecnico e perimaterialiindustriali,esperienzecheinfluenzeranno profondamente la sua ricerca artistica. Dopo gli studi, lavora come disegnatore e progettista, acquisendo una particolare sensibilità per le strutture geometriche e per le potenzialità percettive della luce.
La sua carriera artistica prende avvio all’inizio degli anni Sessanta, quando realizza le prime superfici a testura vibratile: lamiere di alluminio lucidate e incise, capaci di riflettere la luce in modi mutevoli a seconda della posizione dello spettatore. Nell’opera Cromia spettrologica (1967) il piano pittorico tradizionale viene sostituito da una superficie specchiante e dinamica, che trasforma lo spazio e coinvolge direttamente chi osserva.
Nel 1965 partecipa alla Biennale di San Marino e nel 1968 alla XXXIV Biennale di Venezia, dove espone nella sezione dedicata all’arte programmata e cinetica. In questo contesto entra in dialogo con artisti internazionali come Julio Le Parc, Jesús Rafael Soto e François Morellet, condividendo con loro l’interesse per le percezioni ottiche, la serialità e l’interazione tra opera e spettatore.
Negli anni Settanta Alviani continua a sviluppare le sue superfici riflettenti, sperimentando varianti sempre più raffinate e portando le sue ricerche anche nell’ambito del design e dell’architettura. Collabora con aziende e istituzioni, convinto che l’arte debba dialogare con l’ambiente e con la vita quotidiana. La sua attenzione per i materiali industriali lo avvicina anche alle ricerche dell’arte programmata e del Gruppo N di Padova, pur mantenendo sempre una posizione indipendente.
Nel 1975 viene nominato direttore del Museo di Arte Moderna di Ciudad Bolívar in Venezuela, dove lavora a stretto contatto con Jesús Rafael Soto e Carlos Cruz-Diez.
Questaesperienzainternazionalerafforzala dimensione progettuale del suo lavoro e l’idea di un’arte come fenomeno percettivo universale.
Negli anni Ottanta e Novanta la sua ricerca si concentra su superfici metalliche ancora più sofisticate, in cui l’interazione fra luce e movimento diventa centrale. Le opere si presentano come campi visivi cangianti, che mutano costantemente in base alle condizioni ambientali, trasformando la percezione in un’esperienza attiva e irripetibile.
Getulio Alviani muore a Milano nel 2018. La sua ricerca, fondata sulla precisione geometrica e sulla poesia della luce, lo ha reso uno dei protagonisti internazionali dell’arte ottico-cinetica del Novecento.