In ogni regione del globo, fin dove si è riusciti a ricostruire la storia umana, c’è traccia dell’usanza di creare oggetti, pratiche o formule capaci di allontanare le influenze maligne. Questi strumenti fisici o verbali, comunemente chiamati apotropaici, sono un’estensione di un pensiero magico interessato a fornire certezze e coerenza ai grandi ‘misteri’ della vita: il bene e il male, il dolore, la trasformazione fisica e mentale, la morte.
Da sempre affascinata da questa dimensione del pensiero umano, Benni Bosetto (Merate, 1987) ne ha studiato i tratti fondamentali, ricostruendo una personale iconografia istituita in modo intuitivo e capace di svincolarsi da precise connotazioni etnografiche. Tale procedimento avviene grazie a una rielaborazione delle fonti che passa per il disegno, la scultura e azioni performative. Non è un caso che, osservando i fitti quaderni di appunti di Bosetto, ci si imbatta in una scrittura dalla grafia libera, dove frasi si alternano a bozzetti, come se la fonte teorica venisse immediatamente tradotta in un personale appunto visivo.
Quattro bastoni (rococò parade) è parte di un gruppo di lavori che evocano strumenti di natura ritualistica magica e religiosa. L’opera si compone di quattro bastoni in terracotta decorati con basso e altorilievi, adornati da catenelle di diversa lunghezza.
A un primo sguardo, l’attenzione è catturata dalle forme create da quest’ultime che, legando insieme gli estremi dei bastoni, sembrano formare i contorni di porzioni di corpi. Avvicinandosi alle singole sculture, l’occhio è sollecitato dall’incalzare ritmico del decoro che dallo sfondo materico della terracotta fa emergere altri frammenti fisici, legati tra loro in un dinamico amplesso. Questi grovigli si alternano a figure più definite, catturate in posizioni statiche o intente nell’eseguire pratiche o riti.
Bosetto impiega la decorazione richiamando la rivoluzione stilistica introdotta dal rococò: non più marginale ornamento, ma specifico strumento per dare energia vitale all’ideale rincorso nella realizzazione dell’opera. I rilievi infatti ricordano quelli di antichi oggetti rituali di tipo propiziatorio-curativo. Pastori, profeti, santi e streghe sono ritratti dalla tradizione con bastoni, scettri, bacchette, simboli di maturità spirituale e strumenti di potere.
E se i bastoni di Bosetto fossero davvero strumenti curativi quale influenza maligna vorrebbero contrastare? Fin dai i primi lavori, l’artista ha indicato un’alternativa ai sistemi di potere uniformanti che oggi pervadono la società, dalle istituzioni allo scorrere di immagini su Instagram, operando in modo inconscio sulle nostre scelte e visioni. L’immaginario dell’opera rimanda a un brulichio di forme, a un corpo dinamico e in espansione che resiste a qualsiasi tentativo di circoscriverne l’identità fisica in categorie e tassonomie fisse. Il corpo che si svolge lungo i bastoni non è per forza umano, si mischia con il mondo organico.
L’opera dà vita a una parata, il rito contemporaneo più diffuso: una festa che libera l’azione sacrale dalle verità religiose che tradizionalmente veicola, per conservarne le dinamiche catartiche e liminali che permettono ai suoi partecipanti di trasformarsi in un corpo unico e manifestante.