Il 1963, anno di realizzazione del dipinto Operazione spaziocromatica 03, segna un momento fondamentale nel percorso di ricerca e sperimentazione artistica di Lia Drei (1922 - 2005). Dopo essersi avvicinata alla pittura astratta nel 1961 e aver approcciato le tendenze gestaltiche e programmate dal 1962, l’artista avvia infatti nel 1963 la felice esperienza del binomio Sperimentale p., progetto collaborativo che la vedrà impegnata sino alla fine degli anni Sessanta, fondato insieme all’artista e compagno di vita Francesco Guerrieri. Nel contesto delle coeve ricerche italiane dedicate a indagare i fenomeni legati alla percezione e al movimento (Arte Cinetica e Programmata), l’operato dello Sperimentale p. (dove “p.” sta per “puro”) si contraddistingue per l’assoluta fedeltà al linguaggio della pittura nell’applicazione dei principi della psicologia della Gestalt, per il rifiuto dell’ausilio di mezzi meccanici o tecnologici, e per il metodo antidogmatico e intuitivo (“puramente” sperimentale): una serie di scelte fondanti che resteranno inalterate nel lavoro di Drei, per tutto il resto della sua carriera.
I dipinti che l’artista realizza in questo periodo sono caratterizzati dall’uso di colori puri e di forme geometriche elementari – in un primo momento principalmente cerchi, in seguito anche quadrati e triangoli rettangoli. Così in Operazione spaziocromatica 03 si possono osservare una serie di forme circolari accostate le une alle altre, che si intersecano e sovrappongono in più punti. La relazione tra i singoli elementi è rafforzata dall’uso di colori complementari (rosso e verde; viola e giallo; blu e arancione), che generano una rete di sottili tensioni che attivano la superficie pittorica e sembrano mettere in moto i cerchi. Come in tutti i lavori di Drei, anche in Operazione spaziocromatica 03 ogni singola forma-colore acquista il suo pieno significato solo in funzione della totalità della struttura compositiva e all’interno del dinamico campo di forze che essa genera (Gabriele Simongini 2016).
Molti anni dopo la realizzazione di questo dipinto, il 4 gennaio 2004, l’artista ha scritto nei sui diari: “Oggi ho pensato ai miei quadri fatti con i tondi del 1963. Perché sono arrivata al tondo? Per rendere più forte l'attrazione visiva. Sul tondo l'occhio si ferma più facilmente, è un attimo e vede il rosso, il verde e il giallo o l'azzurro con tutta la forza della mente e ci si perde dentro e anche se non si capisce il perché il suo colore gli dà un'emozione inaspettata come il suono di una musica improvvisa. E così ho costruito dei quadri sentendo l'emozione speciale per me, perché non l'avevo fatto prima, di inventare qualche cosa di nuovo, di costruire una realtà che prima non c'era e che doveva avere fascino, equilibrio, e la forza della vita”.
Queste parole riassumono efficacemente il senso più profondo degli interessi artistici e intellettuali di Drei, la cui pratica pittorica affianca al rigore e alla scientificità delle sperimentazioni un afflato poetico, che sottrae le sue opere a un’eccessiva cerebralità. La volontà di realizzare quadri vibranti di “vita” si lega direttamente al desiderio di penetrare la realtà sensibile, che le ha sempre fornito il “grande serbatoio di forme e colori da cui attingere” (Teodolinda Coltellaro 2005): per comprendere meglio il mondo in cui l’essere umano è immerso per Drei non è più sufficiente riprodurre la superficie delle cose, è necessario andare più a fondo, nel tentativo di rivelare le strutture visive e i valori estetici sottesi a tutto ciò che ci circonda.